COMPOSITION IX, SONATA PER OBOE n. 1 (2026) – ca. 10′
Organico: DUETTO – OBOE & PIANOFORTE
Licenza: © 2026 Alexandre Casaccia (SACEM). Tutti i diritti riservati
NOTA DI SALA
In Composition IX, Casaccia prosegue la sua esplorazione della memoria e della coscienza attraverso la lente musicale, tessendo un mondo sonoro al contempo lucido e instabile, intimo ed estraneo. Composta nel 2026 per l’oboista Matteo Fòrla, primo oboe della fondazione Arena di Verona, la sonata per oboe e pianoforte rappresenta un punto di convergenza tra maturità tecnica e profondità filosofica — messo al servizio della logica surreale del sogno.
Il brano esplora le fratture nascoste della memoria — quei punti in cui il ricordo vacilla, fallisce o riaffiora improvvisamente. Piuttosto che seguire lo sviluppo tematico tradizionale, Casaccia si muove attraverso un processo che definisce deformazione: non è il materiale musicale a mutare, bensì il suo contesto. I motivi ritornano come spettri trasposti in un nuovo contesto — familiari e al tempo stesso stranamente re-significati. Il risultato è una sonata collocata appieno nello stile onirico di Casaccia: con atmosfere in cui la chiarezza del tempo si dissolve e i gesti musicali oscillano tra intenzione e incidente. Echi di melodia e ritmo ritornano come frammenti di sogni semi-dimenticati — rifratti, stratificati, sottilmente spostati. Queste ricorrenze non sono mai mera ripetizione; funzionano come la memoria stessa — soggetta a erosione, distorsione e rivelazione improvvisa. Il dialogo tra oboe e pianoforte intensifica questo effetto allucinatorio. La linea dell’oboe, talvolta lirica e cantabile, altre volte angolare e urgente, si snoda attraverso una texture pianistica che è al contempo ancorante e destabilizzante. Spesso emerge un impulso danzante — rituale e strano — poi nuovamente assorbito nell’architettura mutevole del pezzo. Formalmente, l’opera si sottrae alla linearità. Gli episodi si intrecciano, si ripetono e si ripiegano l’uno nell’altro, delineando una struttura ricorsiva basata non sulla progressione narrativa, ma sulla deriva associativa — simile alla memoria o alla logica onirica. L’interesse del compositore per le arti visive, in particolare la tensione spaziale delle composizioni astratte di Kandinsky, informa il vocabolario strutturale e gestuale del pezzo, offrendo uno spazio multidimensionale dove tempo e forma si dislocano.
Composition IX emerge così come una meditazione sulla percezione: su come riconosciamo, fraintendiamo e reinterpretiamo il mondo attraverso l’architettura fragile della memoria. Invita l’ascoltatore ad abitare uno spazio dove chiarezza e ambiguità coesistono — dove ciò che è noto scivola continuamente in ciò che è immaginato. In quest’opera, la musica di Casaccia rifiuta la chiusura, scegliendo invece di indugiare negli spazi in cui il significato muta.
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